sabato 23 maggio 2015

I termini


La violazione si verifica quando la durata di un processo (civile, penale o amministrativo) abbia superato i tre anni, sia pure con le dovute correzioni e temperamenti, eliminando da tale periodo quello addebitabile al comportamento delle parti (ad es., rinvii inutili chiesti dagli avvocati).

Per la precisione, il termine ragionevole si considera rispettato quando un giudizio non abbia superato la durata di tre anni in primo grado, di due anni in secondo grado, e di un anno nel giudizio di Cassazione.

In ogni caso, il termine ragionevole si considera comunque rispettato se il giudizio viene definito in modo irrevocabile (ossia non più soggetto ad impugnazione) nel termine di sei anni (art. 2, comma ter).

Il termine di sei anni, quindi, va riferito alla durata complessiva di tutti i gradi di giudizio; pertanto, se il processo, in tutti i suoi gradi, è durato meno di sei anni, non si ha diritto all’indennizzo.


In ogni caso, sembra che la giurisprudenza delle Corti d’Appello sia orientata nel senso che anche quando il processo, solo in primo grado, è durato sei anni, e le parti non hanno proposto impugnazione, non si ha diritto all’indennizzo.


A conferma di ciò, riportiamo, a titolo di esempio, un estratto di un decreto della Corte d’Appello di Salerno relativo ad un risarcimento per un processo durato sette anni ed un mese solo in unico grado. La Corte ha precisato che: considerato, comunque, che ai fini della domanda il periodo in eccedenza da apprezzare in concreto è di anni 1, stante l’espresso disposto dell’art. 2, comma 2 ter, L. 89/2001, secondo cui si considera comunque rispettato il termine  ragionevole se il giudizio viene definito in modo irrevocabile in un tempo non superiore ai sei anni.

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