La violazione si verifica quando la
durata di un processo (civile, penale o amministrativo) abbia superato i tre
anni, sia pure con le dovute correzioni e temperamenti, eliminando da tale
periodo quello addebitabile al comportamento delle parti (ad es., rinvii
inutili chiesti dagli avvocati).
Per la precisione, il termine
ragionevole si considera rispettato quando un giudizio non abbia superato la
durata di tre anni in primo grado, di due anni in secondo grado, e di un anno
nel giudizio di Cassazione.
In ogni caso, il termine ragionevole
si considera comunque rispettato se il giudizio viene definito in modo
irrevocabile (ossia non più soggetto ad impugnazione) nel termine di sei anni
(art. 2, comma ter).
Il termine di sei anni, quindi, va
riferito alla durata complessiva di tutti i gradi di giudizio; pertanto, se il
processo, in tutti i suoi gradi, è durato meno di sei anni, non si ha diritto
all’indennizzo.
In ogni caso, sembra che la
giurisprudenza delle Corti d’Appello sia orientata nel senso che anche quando il
processo, solo in primo grado, è durato sei anni, e le parti non hanno proposto
impugnazione, non si ha diritto all’indennizzo.
A conferma di ciò, riportiamo, a
titolo di esempio, un estratto di un decreto della Corte d’Appello di Salerno
relativo ad un risarcimento per un processo durato sette anni ed un mese solo
in unico grado. La Corte ha precisato che: considerato,
comunque, che ai fini della domanda il periodo in eccedenza da apprezzare in
concreto è di anni 1, stante l’espresso disposto dell’art. 2, comma 2 ter, L.
89/2001, secondo cui si considera comunque rispettato il termine ragionevole se il giudizio viene definito in
modo irrevocabile in un tempo non superiore ai sei anni.
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