Per sapere se possiamo chiedere il
risarcimento per la durata eccessiva di
un processo, dobbiamo innanzi tutto inquadrare la precisa durata di esso, cioè
capire quando è iniziato e quando è terminato.
Il processo civile si considera
iniziato con il deposito del ricorso introduttivo o con la notifica dell’atto
di citazione.
Il processo amministrativo si
considera iniziato con il deposito del ricorso.
Il processo penale si considera
iniziato con l’assunzione della qualità di imputato (richiesta di rinvio a
giudizio), di parte civile o di responsabile civile, oppure quando l’indagato
ha avuto legale conoscenza della chiusura delle indagini preliminari.
Non si tiene conto del tempo in cui
il processo è sospeso e del tempo intercorso tra il giorno in cui inizia a
decorrere il termine per proporre l’impugnazione e la proposizione della
stessa. Quindi, ad esempio, se una parte ha proposto appello dopo cinque mesi
dal deposito della sentenza di primo grado, questo periodo di cinque mesi non
va considerato nel calcolo del termine per la eccessiva durata del processo.
Il ricorso per equa riparazione deve
essere proposto, a pena di decadenza, entro sei mesi dalla conclusione della
causa durata eccessivamente: quest'ultima deve essere definita, ossia conclusa
con provvedimento passato in giudicato.
Ai sensi dell'art. 4, L. 89/2001,
così come modificato dal D.L. n. 83 del 22/06/2012, convertito in Legge n.
134/2012, il ricorso non può più essere proposto anche durante la pendenza
della causa durata eccessivamente, come avveniva prima.
Ora, ai sensi della riforma sopra citata, è necessario attendere
non solo la fine della causa durata eccessivamente (cd giudizio presupposto),
ma anche il passaggio in giudicato della relativa decisione.
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