La liquidazione del danno (equa
riparazione), soprattutto non patrimoniale, prescinde dall'esito della causa di
merito in cui vi è stata violazione del termine ragionevole. Non è necessario,
quindi, aver vinto la causa durata eccessivamente per aver diritto alla
liquidazione dell’indennizzo.
Il ricorso, pertanto, può essere
proposto anche dalla parte soccombente, ma solo quando quest'ultima non sia
stata condannata ai sensi dell'art. 96 del codice di procedura civile, ossia
nel caso di responsabilità aggravata (se
ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave).
L’equo indennizzo, inoltre, non viene
riconosciuto:
- Nel caso previsto dall’art. 91, comma
1, cpc, ossia nei confronti della parte che, senza giustificato motivo, ha
rifiutato la proposta di pagamento in sede conciliativa quando la domanda è
accolta dal giudice in misura non superiore a tale proposta;
- Nel caso di cui all’art. 13, comma1,
DL 4/2010 n. 28, ossia nei confronti della parte che, in fase di mediazione
subisca dal giudice i provvedimenti sulle spese per aver rifiutato la proposta
di conciliazione quando il provvedimento che definisce il giudizio corrisponda
interamente al contenuto della proposta;
- Nel caso di estinzione del reato per
intervenuta prescrizione connessa a comportamenti dilatori della parte, ossia
quando l’imputato compie delle azioni che ritardano il processo per beneficiare
della prescrizione;
- Quando l’imputato non ha depositato
istanza di accelerazione del processo penale nei trenta giorni successivi al
superamento dei termini di durata dei singoli gradi di giudizio di cui all’art.
2 bis della legga 89/01, ossia tre anni in primo grado, due anni in secondo
grado, un anno nel giudizio dinanzi alla Corte di Cassazione;
- Nei confronti della parte che abbia
abusato dei suoi poteri processuali, provocando un allungamento ingiustificato
dei termini di durata del processo.
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